Gli Ostrogoti furono tra gli avversari per antonomasia dei Romani d’Oriente durante il VI sec., protagonisti della lunga Guerra Gotica in Italia (535-553).

La ricostruzione dell’equipaggiamento di un guerriero ostrogoto del VI sec. non è un’impresa facile: vista infatti la relativa scarsità di reperti chiaramente ascrivibili agli Ostrogoti, bisogna fare in gran parte affidamento sull’incrocio di disparate fonti (archeologiche, iconografiche e scritte), provenienti da contesti diversi, in modo particolare dall’impero romano d’Oriente.

Il vestiario

Escluse le componenti metalliche delle cinture e le fibule, non esistono reperti archeologici di vestiario ostrogoto.

La ricostruzione dell’abbigliamento dovrà pertanto partire da quelle fonti iconografiche, di produzione bizantina, nelle quali sono presenti figure di barbari che sono stati genericamente identificati come possibili “Germani”.

Le due principali testimonianze iconografiche sono il l’avorio Barberini (attribuibile all’epoca di Anastasio o Giustiniano) e il piatto di Isola Rizza (prima metà del VI sec.). Entrambe le opere mostrano dei barbari con indosso tuniche e larghi pantaloni con pezze decorative recanti motivi a losanghe.

Sia il tipo di abbigliamento che di decorazione, di probabile origine orientale, sono ampiamente testimoniati in tutto il bacino mediterraneo per tutto il VI e il VII sec.

Il taglio scelto per la tunica è ripreso da alcune tuniche rinvenute nella necropoli egiziana di Antinoopolis, che si caratterizzano per la presenza di gheroni sotto le maniche e lungo i fianchi. Anche la caratteristica decorazione “a T” è ripresa dalle fonti archeologiche, e confermata anche da molte fonti iconografiche.

Il taglio dei pantaloni è invece parzialmente ripreso sia da una serie di ritrovamenti in area germanica che di area egizia, che mostrano le stesse identiche caratteristiche. In accordo però con quanto mostrato dalle fonti iconografiche, abbiamo però deciso di non inserire lo spacco e i laccetti di chiusura presenti su tali reperti, circa all’altezza della caviglia.

Le decorazioni a losanga sono più che ampiamente testimoniate da reperti sparsi in musei di tutto il mondo, per la quasi totalità provenienti dall’Egitto bizantino.

Per quanto concerne la scelta della cintura, praticamente invisibile nelle fonti iconografiche di riferimento, abbiamo potuto fare affidamento su diversi reperti italiani, sia ostrogoti che bizantini, rinvenuti in particolare in Emilia Romagna e a Roma. Durante la prima metà del VI sec., la cintura più tipica indossata dagli Ostrogoti era solitamente caratterizzata da una fibbia con anello e ardiglione di semplice fattura, fissata al cuoio tramite una placchetta rettangolare.

Questa placchetta, come confermano i reperti archeologici – esemplari di questa tipologia sono stati rinvenuti anche a Roma -, poteva essere del tutto disadorna così come riccamente decorata. Un altro tipo di fibbia utilizzata, a partire dal secondo quarto del VI sec. e che poteva essere dotato o meno di placchetta, era il tipo ad anello massiccio con ardiglione a scudetto, modello che troverà ampia diffusione fino al VII secolo inoltrato.

Per la nostra ricostruzione, abbiamo optato per il primo tipo di fibbia. La cintura è stata poi adornata da un semplice puntale, senza decorazioni di sorta.

Infine, elemento di difficile ricostruzione sono le scarpe. Se dalle fonti iconografiche di riferimento risultano difficilmente leggibili, qualche dato in più lo possiamo ricavare da una fonte scritta bizantina, lo Strategikon, famoso manuale militare probabilmente redatto dall’imperatore Maurizio Tiberio (582-602). Nel capitolo dedicato alla fanteria, l’autore descrive delle scarpe di tipo gotico, “dotate di suole, con punte larghe, cucite semplicemente e con non più di due fibbie”.

Scarpe basse e di semplice fattura, prive di un sistema di chiusura o dotate al massimo di un paio di lacci, sono ampiamente testimoniate in ambito bizantino: particolarmente, un gran numero di queste calzature, forse assimilabili o somiglianti al tipo “gotico” descritto nello Strategikon, proviene dall’Egitto. Per la nostra ricostruzione, abbiamo optato per un modello che ricalca scarpe provenienti dalla necropoli di Antinoopolis.

Nella nostra ricostruzione di guerriero ostrogoto, abbiamo escluso il mantello. Questo sarebbe probabilmente stato molto simile al sagum militare romano, chiuso sulla spalla destra da una fibula a croce (conosciuta anche come fibula a balestra o a testina di cipolla).

La panoplia difensiva

Come usuale tra le popolazioni barbariche della tarda antichità, un armamento difensivo completo era appannaggio principalmente di personaggi di alto rango, i quali potevano permettersi un maggior sforzo economico, a partire dall’armatura.

La presenza di corazze tra i guerrieri ostrogoti è testimoniata sia dalle fonti scritte (Procopio di Cesarea, nella sua “Guerra Gotica”, menziona corazze in diverse occasioni, anche se però non ne specifica il tipo) che dal famoso medaglione di Senigallia, nel quale è rappresentato re Teoderico loricato – il sovrano ostrogoto indossa una corazza a scaglie dotata di pteryges, di derivazione romana.

Tuttavia, la corazza è un elemento che sarebbe stato probabilmente ben poco visibile in un esercito ostrogoto, e che del resto non è neppure indossata dai due guerrieri del piatto di Isola Rizza. Per la nostra ricostruzione abbiamo quindi optato per escluderla del tutto.

Forse più accessibile era l’elmo. Lo spangenhelm in ferro era l’elmo più diffuso nel bacino mediterraneo nel VI sec. d.C., utilizzato tanto dagli Ostrogoti quanto dai Romani d’Oriente.

Questa tipologia di elmi è caratterizzata da una calotta usualmente di forma ogivata, costituita da quattro o sei “spicchi”, uniti tra loro grazie ad altrettante bande verticali rivettate, a una piastra apicale e a una fascia lungo la linea della fronte.

Nella nostra ricostruzione di guerriero ostrogoto, abbiamo scelto la riproduzione di uno spangenhelm rinvenuto a Sinj, in Croazia. L’elmo è databile al VI sec., ed è probabilmente una produzione bizantina.

A completare la panoplia difensiva del guerriero ostrogoto era lo scudo, in realtà la componente principale del suo equipaggiamento militare, insieme alla lancia.

Lo scudo era tondo – o forse anche ovale, come testimonierebbe la rappresentazione sul piatto di Isola Rizza – e presentava a protezione della mano un umbone a punta, una tipologia particolarmente diffusa durante il VI sec. ma già presente almeno dal IV sec. d.C.

Le armi

Come per la maggioranza dei guerrieri della tarda antichità, l’arma principale del guerriero ostrogoto era la lancia. Non avendo reperti o immagini sicure di riferimento, per la nostra ricostruzione abbiamo scelto una semplice punta a foglia lanceolata, una tipologia abbastanza diffusa sia tra i Romani d’Oriente che tra altre popolazioni germaniche del periodo, come i Longobardi.

Come arma da fianco per il nostro guerriero ostrogoto, abbiamo optato per una spatha. Nel VI sec. d.C. sono diffuse sia spathae con else del tutto organiche che con else miste, composte da legno o corno e guarnizioni metalliche. La spatha era un’arma utilizzata anche dagli Ostrogoti, come dimostrano le descrizioni di Procopio di Cesarea, la rappresentazione del piatto di Isola Rizza e alcuni rinvenimenti archeologici di area italiana.

 

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