Le armature anatomiche, così chiamate per la foggia ad imitazione dell’anatomia umana, costituirono probabilmente lo sviluppo delle precedenti corazze “a campana” (per l’ampio bordo inferiore estroflesso, simile a quello di una campana, appunto). Questa evoluzione è resa evidente sia dall’iconografia sia dai reperti di corazze metalliche vere e proprie a partire dall’inizio del V secolo a.C.

Durante il IV secolo divennero molto popolari nell’Italia del Sud, da dove provengono la maggior parte dei reperti, i quali a loro volta provengono principalmente da ambiti Italici od Etruschi. Tale popolarità è probabilmente non estranea alla grande fortuna che ebbe il culto di Eracle in Italia, sia tra le popolazioni Greche sia tra quelle italiche.  Nell’episodio finale del mito di Eracle, la “thorax” dell’eroe rimane intatta sulla pira eretta presso il monte Eta: l’armatura anatomica bronzea assunse, infatti, il significato simbolico dell’identificazione di chi indossava la corazza con l’eroe stesso.[1]

La classificazione delle armature anatomiche presenta diverse difficoltà, tenendo conto innanzitutto che se l’origine iniziale del V secolo in Grecia è ben rappresentata iconograficamente, la quasi totalità dei reperti fisici proviene dall’Italia, soprattutto meridionale, come si è detto, ed è compresa cronologicamente tra l’ultimo terzo dal IV secolo a.C. e il primo quarto del III secolo a.C.

Su queste ultime è stata impostata una classificazione tipologica basata principalmente sul sistema di chiusura, che individua 7 tipi.

Qualche distinzione tra armature provenienti da Grecia propria e quelle italiche o magno greche è forse possibile, le armature dell’Italia meridionale, tutte di produzione locale sembrano presentare alcune particolarità: “Gli artigiani svilupparono un particolare modo di proteggere i bordi, arrotolandoli verso l’interno, al contrario di quanto visto per le corazze greche (con bordi arrotolati verso l’esterno)…”

Inoltre le armature italiche non presentano mai spallacci aggiuntivi, invece presenti spesso sulle raffigurazioni del IV secolo dalla Grecia, né l’abbinamento con le pteruges per la protezione della parte inferiore dell’addome delle cosce.[2]

Alcune differenze si possono riscontrare anche rispetto alle armature etrusche, con una trattazione diversa e in genere meno accentuata della muscolatura, come il tipo 2 della classificazione sempre proposta da R. Graells. [3]

Dal periodo ellenistico, soprattutto in ambito romano, l’armatura anatomica venne associata stabilmente ai simboli del potere, evolvendosi esteticamente in maniera considerevole, con l’Ibridazione con le armature a corsaletto e spallacci e l’aggiunta di decorazioni a rilievo, diventando l’icona del potere imperiale[4].

Tramite l’impero romano l’armatura anatomica conobbe una fortuna difficilmente eguagliabile, che la porterà alle soglie del Medio Evo.

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Le armature anatomiche Res Bellica

Per quanto riguarda il metodo di chiusura, le nostre corazze anatomiche (che puoi trovare cliccando qui e qui) sono senz’altro ascrivibili al tipo 1 della classificazione di Graells, per via della presenza sia di cerniere che di anelli. Venendo invece alla forma e alla trattazione della muscolatura, per via del bordo lavorato dello scollo e della resa della curva addominale, entrambe le corazze sono ascrivibili a un tipo 5, sempre secondo l’ulteriore classificazione proposta da Graells.

Clicca sulle immagini sotto per saperne di più sulle nostre corazze anatomiche.

Note bibliografiche

[1] R. GRAELLS, Herakles’ Thorax, Archeologia Classica Vol. 66 (2015), pp. 447-466, L’Erma di Bretschneider; https://www.jstor.org/stable/26364291

[2] E. Hill Richardson, The Muscle Cuirass in Etruria and Southern Italy: Votive Bronzes, American Journal of Archaeology Vol. 100, No. 1 (Jan., 1996), pp. 91-120; The University of Chicago Press.  https://www.jstor.org/stable/506299?read-now=1&refreqid=excelsior%3A6945b407443bb80f79afa644cb783a4d&seq=30

[3] R. GRAELLS, “Le corazze nei santuari dell’Italia meridionale”, in GRAELLS, LONGO 2018.

[4] M. Cadario, La corazza di Alessandro. Loricati di tipo ellenistico dal IV sec. a.C. al II d.C., Milano, Edizioni LED (2004).

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