La recente richiesta di un nostro cliente di fabbricare di un subarmalis tardo antico su misura ci ha messi alla prova.
Non avendo pressoché reperti sui quali basarci, arrivare a un risultato finale che soddisfacesse sia le aspettative del cliente, che la necessità di aderenza storica, sapevamo che non sarebbe stato facile.
Ma noi di Res Bellica amiamo le sfide, e la ricerca è parte integrante del nostro lavoro…per cui abbiamo accettato con entusiasmo la commissione, e ci siamo messi al lavoro per capire come ottenere il risultato storicamente più accurato possibile.
I materiali
Il primo dilemma al quale rispondere era: è realistica l’opzione di un subarmalis tardo antico in tessile? Domanda essenziale, poiché vogliamo sempre garantire al cliente la massima fedeltà storica, anche quando si tratta di dovergli dire “no” rispetto a un progetto che ci viene presentato, o nell’eventualità di proporgli un’alternativa.
Per il periodo tardo antico, le fonti che parlano di protezioni imbottite con feltro fortunatamente non mancano. Per esempio, il De rebus bellicis, del IV sec., menziona il thoracomacus come indumento difensivo, mentre il più tardo Strategikon menziona protezioni in feltro per i cavalli. Senz’altro è un indumento imbottito anche il peristithidion menzionato in un anonimo trattato che è spesso stato datato al VI secolo (anche se, per onestà intellettuale, dobbiamo specificare che tale trattato è stato in tempi più recenti datato verso il IX sec.).
Queste fonti scritte menzionano il feltro come elemento dell’imbottitura, ma non parlano del materiale a copertura dello stesso – fatta esclusione del De rebus bellicis, che però parla di pelle (se vuoi vedere il nostro subarmalis imbottito con rivestimento esterno in cuoio, clicca qui).
Ci vengono tuttavia in aiuto le fonti iconografiche. Nel periodo compreso tra il IV e VII secolo, in numerose occasioni possiamo che osservare il colore almeno delle pterugi (usualmente l’unica parte visibile di questo indumento difensivo) dei subarmalis rappresentati è bianco. Anche se certamente è possibile dare una diversa colorazione al cuoio (es. tramite tintura), sembra molto più probabile pensare a un diverso materiale per queste pterugi bianche, come ad esempio il lino.
Anche la rappresentazione di alcune di queste (ci torniamo tra poco), specie nelle sculture, ci ha fatto propendere per una realizzazione completamente in tessile.
Partendo quindi da queste basi, abbiamo raccolto il materiale necessario, scegliendo quello che più ci potesse far avvicinare alla massima accuratezza storica – feltro in pura lana realizzato in Italia, da un artigiano dell’Appennino emiliano che cura il processo dall’allevamento della pecora alla realizzazione del feltro; puro lino per il rivestimento esterno; panno in pura lana vergine 100% per la parte interne delle pterugi -, e ci siamo messi all’opera per progettare il subarmalis.
Forma, cuciture e pterugi
Risolto il problema dei materiali per la nostra ipotesi ricostruttiva, dovevamo ora procedere alla progettazione vera e propria del subarmalis: che forma e cucitura dare al corpetto? Come realizzare le pterugi?
Considerando, come già accennato, che non esistono fonti archeologiche sulle quali appoggiarsi, e che le fonti scritte non raggiungo un tale livello di dettaglio sull’argomento, ci siamo dovuti affidare totalmente alle fonti iconografiche.
Il primo problema da risolvere era quello della trapuntatura del corpetto – essenziale per far aderire al meglio il feltro al lino di rivestimento, nonché per rendere più rigido e per un più efficace livello di protezione del corpetto stesso.
Sfortunatamente, le fonti iconografiche che mostrano il corpetto del subarmalis, o di un qualche tipo di armatura imbottita, per la tarda antichità sono estremamente rare e difficili da trovare. Per avere una visione il più possibile completa, abbiamo così deciso di dare uno sguardo più ampio alle evidenze disponibili, sia precedenti che posteriori alla tarda antichità.
Abbiamo trovato così due possibili trapuntature.
La prima è costituita da una serie di cuciture verticali, come si vedrà nei successivi gambeson medievali. Ne abbiamo un esempio molto chiaro sulla stele del soldato Severius Acceptus, da Calcedonia, datata al III sec. d.C., e una possibile testimonianza (ma qui il condizionale è d’obbligo) rappresentata sulla stele del legionario Lepontius, ora a Strasburgo, datata al IV sec. d.C.
Una seconda possibilità è invece una cucitura che segua uno schema a losanghe.
Questo tipo di trapuntatura si può vedere già nel I sec. d.C. sulla stele del centurione Tito Calidio Severo, e la ritroviamo anche riprodotta su un sarcofago da Spalato di datazione non sicura, ma probabilmente del IV secolo.
Troviamo poi questo stesso tipo di trapuntatura anche in ambito bizantino, molto più avanti nel tempo, come si vede per esempio in un piatto argenteo di XII sec. raffigurante San Giorgio e su un’icona di XIII-XIV raffigurante San Demetrio. Pur tenendo conto che spesso le icone dei santi guerrieri non rappresentano strettamente l’equipaggiamento militare coevo al periodo di realizzazione dell’icona, possiamo probabilmente supporre che questo tipo di trapuntatura fosse utilizzata anche nel periodo intermedio.
Considerando che il nostro cliente era maggiormente interessato a un subarmalis che fosse adatto particolarmente per il VI-VII secolo, e proponendoglielo, abbiamo infine deciso di optare proprio per la trapuntatura a losanghe – anche se, per semplicità realizzativa e praticità, abbiamo omesso i “puntini” che si vedono al centro di ogni losanga, che non è da escludere siano, per esempio, rivetti o qualche altro tipo di decorazione.
Risolto il problema della scelta trapuntatura, restava solo la questione delle pterugi. Nonostante nelle raffigurazioni tardo antiche siano usualmente l’unica parte visibile di tutto il subarmalis, non è certo facile capire come esattamente fossero fatte – il dibattito è oggi ancora aperto.
Forme, lunghezza, dimensioni e strati che vediamo nelle fonti mostrano un’enorme varietà, segno che in antico si era ben lontani da un qualsiasi “standard”.
Alla fine, per quanto concerne la forma, abbiamo deciso di optare per quanto mostrano alcune fonti iconografiche del VI-VII secolo (ma che trovano riscontro già nel IV-V, nonché in periodi ancora precedenti), con delle pterugi con una terminazione semicircolare.
Per la loro realizzazione, abbiamo optato per la scelta che è sembrata la migliore, in termini di unione di praticità difensiva, aspetto estetico e somiglianza con le fonti iconografiche: ogni pteruge è realizzata infatti da due strati di lino che racchiudono uno strato di panno.
Alla parte a protezione delle cosce, abbiamo cucito al corpetto imbottito tre strati di pterugi, della stessa lunghezza – abbiamo notato come pterugi di lunghezze diverse, almeno per il VI-VII secolo, sono di solito rappresentate su ufficiali o santi guerrieri, e non era ciò che ricostruiva il nostro cliente. Abbiamo optato per tre strati poiché nella statuaria più antica si notano almeno tre livelli di pterugi, e poiché garantiscono un adeguato livello di protezione senza danneggiare la mobilità o il peso.
Per quanto riguarda le braccia, abbiamo infine optato per realizzare due maniche vere e proprie, sulla scorta di quanto sembrano mostrare le fonti tardo antiche – anche se sappiamo che potrebbe essere una semplificazione dell’artista, per evitare la difficoltà di riprodurre le pterugi libere nella zona del braccio.
Per semplificare l’operazione, abbiamo scelto di creare due maniche con una trapuntatura che simula le pterugi, invece di creare pterugi singole cucite assieme: il risultato visivo finale ci è parso soddisfacente.
Il risultato finale
Qui potete vedere il risultato finale, frutto della ricerca che vi abbiamo fin qui esposto.
Alcuni ultimi dettagli.
Abbiamo deciso di lasciare due “spacchi” sotto le ascelle, sia per permettere la maggior mobilità possibile (fondamentale, per un pezzo da usare in combattimento) che prendendo spunto dai fori presenti su alcune tuniche del periodo tardo antico.
Abbiamo infine lasciato un’apertura sul lato sinistro del collo, per permettere la massima vestibilità e un più comodo passaggio della testa, e un’apertura solamente sul fianco sinistro, a probabile imitazione dei sistemi di chiusura delle armature – anche se sono attestati anche su entrambi i lati.
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